Che siamo creature abitudinarie …
è fuori ogni discussione, anche la più ragionevole: stesse modalità di pensiero, stessi comportamenti, medesimi risultati! Analizzando già la sola riga di sopra, è più che comprensibile il “perché” siamo nella situazione in cui ci troviamo.
Talvolta quest’analisi è necessaria compierla a ritroso … nel senso che è ben capire come stavamo un passo prima di compierlo in avanti, il passo … per poi capire “come” proprio quel passo ha determinato il risultato ottenuto! Un po’ come il conto alla rovescia … dopo 10, 9 … e non 8 … perché, partendo da zero, il numero prima di arrivare a 10 è proprio il 9! Beh, finché si parla di numeri … questi sono poco contestabili, almeno nell’esempio che sopra vi ho raccontato … ma perché non vedere le cose oggettivamente, anziché, soggettivamente e pertanto ben condite di strane (e negative) convinzioni che ci portano ad emozioni altrettanto negative?
Se dovessimo “numerizzare” i singoli passi che ci hanno dato certi risultati … se dovessimo trasformarli appunto in numeri … allora noteremo delle numerazioni a casaccio … tranne per chi si sente realizzato, per chi è riuscito nella sua scaletta: per queste persone i conti tornano … sempre. In alcuni casi ci capita di non voler nemmeno sistemare i numeri anche se abbiamo analizzato la nostra situazione … anche se abbiamo ben compreso che sono disposti male … anche se tutto questo ci sta portando a vivere la vita che stiamo vivendo. Il motivo di questa mancanza di volontà sta proprio nel nostro essere abitudinari! Non dipende da un puro spirito di ozio o di pigrizia: al sol pensiero di dover cambiar le cose, veniamo presi da timori, incertezze, dubbi, dolore. Si, parlo proprio di dolore, perché questo genere di malanno è ancor più sentito di una fisica fitta al cuore. Ho capito, a mie spese, che questo dolore è funzionale per quanto debbo ri-definirmi come persona … per quanto io desidero realizzare.
Immaginiamo di voler propendere per una dieta … dato che ci sentiamo affaticati … o semplicemente perché siamo in prossimità delle vacanze, dove sulla spiaggia vorremmo avere un aspetto fisico un attimino migliore. Le nostre intenzioni, quindi, sono rivolte a come diminuire quei chiletti di troppo … e per questo motivo, il nostro cervello, si attiva alla ricerca delle informazioni necessarie per giungere a questa nuova visione di noi stessi! Il cervello gira a mille perché alimentato dal nostro desiderio di diventare quel nuovo tipo di persona che abbiamo ben impresso in mente: bene, a questo punto abbiamo tutte le informazioni necessarie … necessitiamo di un’alimentazione diversa dal solito e di uno stile di vita più sano con tanto di un po’ di movimento fisico. In poco tempo, andiamo ad aprire le ante del nostro armadio … verifichiamo se abbiamo l’occorrente sportivo … poi apriamo il frigo per verificare se abbiamo cibi sani per il genere di dieta di cui abbiamo bisogno. Né nell’armadio, né nel frigo abbiamo il necessario … e a questo punto usciamo felici animati dall’intenzione di arricchire sia il nostro guardaroba che la dispensa degli alimenti. In tutto questo, siamo pure felici di spendere … e probabilmente spendiamo più del necessario! Ora siamo pronti … anche se tanti di noi non hanno proprio la motivazione al massimo del picco: beh, ad ogni modo bisogna iniziare … e chi mai inizia, mai finisce.
Ma qui viene il bello … ovvero iniziano i dolori! Dolori di fame e di stanchezza, dolori di spossatezza, dolori fisici … insomma, questa nuova vita non fa altro che portarci dei dolori … ma chi me lo fa fare, pensiamo noi? In questa fase si fermano gran parte delle persone: perché mai provare del dolore quando fino a ieri ero meno triste anche se con qualche bordino di ciccia in più? Sapete cosa dico? Riconoscete quel dolore come primo segnale di un cambiamento positivo che sta per arrivare. Quando si eseguono nuovi comportamenti o si vogliono operare variazioni allo stile di vita attuale … il dolore emotivo è propedeutico alla felicità … e una volta superata questa fase (che tra l’altro è davvero molto, ma molto breve in termini di tempo) il dolore verrà rimpiazzato dall’orgoglio … dall’essere consci di valere e di aver dato sfoggio della nostra volontà che fino ad allora l’aveva data sempre vinta alla pigrizia e alla procrastinazione. Non sono i nuovi alimenti che portano del dolore e nemmeno le prime corsettine o esercizi fisici … ma la nuova dimensione di comportamento che, proprio perché non abitudinario, ci porta a fare cose mai fatte prima di allora. Unitamente ai piani di azione, sarebbe ancor più proficuo a livello emotivo, frazionare l’obiettivo finale in tante piccolissime mete … per poter notare soddisfazioni continue dovute ad un miglioramento oggettivamente (numericamente) constatabile giorno per giorno. Alleno insieme ad un caro amico una squadra di calcio composta da ragazzi con un’età compresa fra i 17 ed il 28 anni. Iniziammo la nostra avventura effettuando un certo carico sportivo con l’obiettivo di aumentare le resistenze e le prestazioni di ciascuno del gruppo!
Tutti (nessuno escluso) si lamentavano: la fatica, l’affanno, i muscoli … beh sapete come funziona e già al termine degli allenamenti mi dicevano di non sentirsi bene … cosa che tra l’altro avevo ben capito già soltanto nel guardarli. Le sedute successive, poi, ci aspettavano minuti di educata contestazione e di pietà … visti i loro acciacchi … più mentali che fisici! Un giorno pensai: non è che se vedono un risultato apprezzabile dietro ad ogni sforzo … i loro stati d’animo saranno più ricettivi al dolore visto che noteranno i cambiamenti in positivo delle loro performance? Preparammo un’apposta scaletta e un po’ come si fa con i delfini … ad ogni saltello più alto del precedente … li omaggiavo di congratulazioni per i loro risultati raggiunti.
Ora, mi perdonerete per la storia, ma tutto questo capita in ogni ambito della vita: che sia sport, dieta, lavoro, studio … in ogni ambito! Fin quando ogni nostro sforzo non è ben legato ad un risultato … lo stesso sforzo tale rimarrà … ed il dolore del cambiamento dovuto per un comportamento diverso dal normale (come lo svolgere un compito solitamente eseguito da altri colleghi) si trasformerà in peggio, ovvero, in frustrazione.
So che avete idea di cosa sia la frustrazione. Ma voglio che la intendiate per come a me interessa adesso comunicarvela: significa continuare a svolgere un qualcosa … benché non si abbia assolutamente voglia di farlo … e fare le cose in modo obbligato, non è certo il massimo della vita. Se le cose fossero messe in modo diverso, per quale ragioni si parla di … tanti sacrifici dietro ad ogni raggiungimento di un obiettivo?
P.S. … che ci muoviamo o meno proveremo sempre dolore e, dovendo accusarlo, voglio che sia per la mia felicità: non è forse giusto pensarla così?
Il dolore del cambiamento è il primo segnale che dice a noi stessi … che comunque noi vogliamo cambiare e che siamo pronti per farlo!
Sempre alla grande … Francesco
Dolore funzionale